Appena usciti dal centro abitato di Tuoro in direzione di Sanguineto, nascosto da un’alta recinzione muraria e da una rigogliosa vegetazione, quasi a custodirne gelosamente la suntuosità e la monumentalità, si staglia il cosiddetto Palazzo del Capra, ultima dimora dell’esimio conte Teodorico MorettiCostanzi, emerito docente di Filosofia Teoretica presso l’Università di Bologna e illustrissimo filosofo e oggi sede (quanto mai naturale) del “Centro di documentazione della Battaglia del Trasimeno e Annibale”.
Il Palazzo porta il nome “del Capra” dallo pseudonimo dell’insigne maestro giurista del XV secolo soprannominato, appunto “Capra”, e, prima di cognominare se stesso e la sua stirpe Benedetti, portò il cognome Tancis (Tanci) da molti ritenuto dialettale abbreviazione di Costanzi.
Il Palazzo raggiunse le dimensioni attuali intorno alla fine del XV e inizi del XVI secolo, per amore di Donna Felice o per opera del genero di lei Benedetto di Filippo di Benedetto (soprannominato anch’egli “il Capra”), nipote dell’illustre giurista Benedetto dei Benedetti.
Ma la vera ricchezza del Palazzo del Capra è sia celata al suo interno che tutta intorno allo stesso edificio. Il prof. Susini scriveva nel 1961 che “l’apparato romano venuto alla luce sotto il Palazzo di Tuoro, fosse originato dal desiderio di conservare e onorare alcune reliquie della battaglia”. Lo spazio circostante il Palazzo era archeologicamente rinomato per la scoperta di uno dei più vasti ed interessanti ustrini della battaglia. Tutta la zona è, in diversa misura, coinvolta da un ampio strato archeologico che testimonia la presenza di un’intensa attività di combustione, fenomeno riscontrabile in altri punti della piana di Tuoro, soprattutto verso Sanguineto: ciò è da mettere in relazione alla necessità di bruciare anche le carogne dei cavalli caduti in battaglia.
Sempre nell’area del Palazzo è stato rinvenuto un ipogeo di fattura etrusca con cella centrale dotata di due nicchie laterali e una nicchia centrale più grande. Intorno a questo sono stati trovati due ustrini di modeste dimensioni.
Il tutto non fece altro che accrescere la memoria sempre viva della battaglia, alimentata dal continuo ritrovamento di nuove reliquie. Per il Capra e per la sua famiglia che già possedeva, assecondando un fine e colto intento umanistico, il luogo della “Tomba di Flaminio”, il Palazzo divenne lo scrigno dove serbare il ricordo indelebile non solo del fatto storico in sé, custodendo non solo i cimeli dello scontro, ma anche onorando, con la costruzione del Palazzo stesso in un punto archeologicamente rilevantissimo, la perpetua rievocazione nella mente di tutti della grandezza stessa della Storia e dei suoi imperituri protagonisti.